LA PSICOANALISTA
sogni, schizzi inconsci, resoconti surreali dal vero, incubi a uso esclusivo della mia p$YcOànA£ì$t@ by Giuseppe D'Ambrosio Angelillo
lunedì 14 settembre 2015
LA SCATOLA DELLA RICOTTA
LA SCATOLA DELLA RICOTTA
Ero nel mio vecchio appartamento della Casa dei Morti. Avevo tutto chiuso e in casa era tutto buio. Avevo messo fuori dei mobili da buttare, e intanto m'ero ritirato altri mobili abbandonati di fuori. Sulla ringhiera c'erano altri inquilini che regalavano cose che altrimenti avrebbero buttate. C'era uno scatolone pieno di fumetti: Kriminal, Satanik, Killing, Diabolik... Io prendevo quelli che potevo perché mi piacevano un po' tutti.
C'era lì anche Rosa la Napoletana che mi parlava di una scatola di ricotta da ritirare, dovevo andare in un posto che non sapevo dove.
"Ma che dice questa? Non la capisco mica?", borbottavo io.
"La duvite pagà vui".
"Cosa devo pagare?"
"La scatula della ricotta".
"No, no. Io non pago niente. Non m'interessa la scatola della ricotta. Se la volete voi, andate e prendetevela e pagatevela..."
Io allora ramazzo tutti i fumetti che posso e me la svigno nel mio appartamento. Mi sembra che mi sia diventata più piccola la casa. C'è un muretto di mattoni e cartoni in fondo.
"Minchia, che mi abbiano rubato una stanza intanto che me ne stavo sulla ringhiera a prendermi i fumetti?", dico io, del tutto trasecolato.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
IL GIURAMENTO
IL GIURAMENTO
Me ne stavo in un campo, e lo giravo tutto intorno. C'era lì il professor Franco Zero che aveva tutta l'aria di volermi fare un gran rimprovero, non so di cosa. Io allora sgattaiolavo via e prendevo per un altro campo.
Su un viottolo, chissà come, mi veniva di fare un giuramento di fedeltà a Ernst Bloch e a Jean-Paul Sartre.
"Cari Maestri, vi prometto solennemente di esservi sempre fedele, e di non tradirvi mai. Vostro Joseph".
Chissà se mai qualcun'altro aveva mai fatto un giuramento del genere ai propri maestri. Non so.
E allora ricominciavo ad andarmene per i campi. Il professor Franco Zero sempre dietro, che mi voleva fare a tutti i costi quel suo maledetto rimprovero, ma proprio di quelli grossi.
Sapevo anche perché, voleva essere lasciato in pace, visto che non c'era più. E io invece ci avevo scritto un intero romanzo su, mannaggia alla peppa! Sì, che aveva ragione da vendere per rimproverarmi!
Gli altri, gli altri, che maledizione sono a volte! Specialmente quando fanno delle cose che noi non vogliamo assolutamente!
Ma chissà, io qualcosa credo di averla salvata.
Franco voleva rimproverarmi ma in effetti non mi diceva niente. Questo significava che forse, dopo tutto, un po' contento era... Credo...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Me ne stavo in un campo, e lo giravo tutto intorno. C'era lì il professor Franco Zero che aveva tutta l'aria di volermi fare un gran rimprovero, non so di cosa. Io allora sgattaiolavo via e prendevo per un altro campo.
Su un viottolo, chissà come, mi veniva di fare un giuramento di fedeltà a Ernst Bloch e a Jean-Paul Sartre.
"Cari Maestri, vi prometto solennemente di esservi sempre fedele, e di non tradirvi mai. Vostro Joseph".
Chissà se mai qualcun'altro aveva mai fatto un giuramento del genere ai propri maestri. Non so.
E allora ricominciavo ad andarmene per i campi. Il professor Franco Zero sempre dietro, che mi voleva fare a tutti i costi quel suo maledetto rimprovero, ma proprio di quelli grossi.
Sapevo anche perché, voleva essere lasciato in pace, visto che non c'era più. E io invece ci avevo scritto un intero romanzo su, mannaggia alla peppa! Sì, che aveva ragione da vendere per rimproverarmi!
Gli altri, gli altri, che maledizione sono a volte! Specialmente quando fanno delle cose che noi non vogliamo assolutamente!
Ma chissà, io qualcosa credo di averla salvata.
Franco voleva rimproverarmi ma in effetti non mi diceva niente. Questo significava che forse, dopo tutto, un po' contento era... Credo...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
sabato 12 settembre 2015
PANINI CON LA MORTADELLA
PANINI CON LA MORTADELLA
Ero con Tonino Coniglietto e Peppino Amatulli ad Acquaviva, ce ne andavamo per la salita del Castello Normanno a un negozio alimentari per farci un panino.
"Eh, ne abbiamo fatto di cazzate nella nostra adolescenza, ma possiamo pure dire che ci siamo divertiti un casino", dico io.
"Eh, e divertirsi con Tonino Coniglietto era già una bella impresa!", dice Peppino Amatulli.
"Poi con quell'altro posapiano di Antonio Superbone... poi. Sì che è stato un bel divertirsi!".
Andiamo nel negozio alimentari e ci prendiamo un panino alla mortadella a testa. Quando io mi ricordo che la mia fidanzata Beatrice d'Este non è con me.
"Ehi, vado a cercare la mia bella!", dico ai miei amici.
"Vai, vai, che forse è andata a trovare il suo ganzo!", mi dice malignamente Tonino Coniglietto.
Vado a cercare la mia fidanzata in piazza del Teatro del paese. Le telefono ma il telefono mi manda uno strano messaggio che non capisco mica. Me ne vado in ansia...
Passa di là Peppino Tabacco e mi saluta:
"Ehi, Joseph! Come va?", mi dice.
"Bene, bene. E te?", faccio io.
Ma quello mi vede fin troppo distratto e mi lascia perdere.
Passa di là anche il dottor Peppino Netta, più alto di quel che mi ricordavo io, un mio vecchio compagno delle elementari, con la madre maestra, mi passa vicino e fa finta di non vedermi.
Me ne vado verso il Teatro, sacramentando e bestemmiando che non trovo la mia donna. Ma mentre sto già pensando al peggio, ecco la mia Beatrice che sbuca tra gli alberi della piazza e mi corre incontro.
"Joseph! Joseph! Son qua, il telefonino non mi funzionava!", mi dice ansante.
"Ma vaffanculo!", le dico io da lontano, tra i denti.
I miei amici mi ridono dietro, con i loro maledetti panini con la mortadella...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Ero con Tonino Coniglietto e Peppino Amatulli ad Acquaviva, ce ne andavamo per la salita del Castello Normanno a un negozio alimentari per farci un panino.
"Eh, ne abbiamo fatto di cazzate nella nostra adolescenza, ma possiamo pure dire che ci siamo divertiti un casino", dico io.
"Eh, e divertirsi con Tonino Coniglietto era già una bella impresa!", dice Peppino Amatulli.
"Poi con quell'altro posapiano di Antonio Superbone... poi. Sì che è stato un bel divertirsi!".
Andiamo nel negozio alimentari e ci prendiamo un panino alla mortadella a testa. Quando io mi ricordo che la mia fidanzata Beatrice d'Este non è con me.
"Ehi, vado a cercare la mia bella!", dico ai miei amici.
"Vai, vai, che forse è andata a trovare il suo ganzo!", mi dice malignamente Tonino Coniglietto.
Vado a cercare la mia fidanzata in piazza del Teatro del paese. Le telefono ma il telefono mi manda uno strano messaggio che non capisco mica. Me ne vado in ansia...
Passa di là Peppino Tabacco e mi saluta:
"Ehi, Joseph! Come va?", mi dice.
"Bene, bene. E te?", faccio io.
Ma quello mi vede fin troppo distratto e mi lascia perdere.
Passa di là anche il dottor Peppino Netta, più alto di quel che mi ricordavo io, un mio vecchio compagno delle elementari, con la madre maestra, mi passa vicino e fa finta di non vedermi.
Me ne vado verso il Teatro, sacramentando e bestemmiando che non trovo la mia donna. Ma mentre sto già pensando al peggio, ecco la mia Beatrice che sbuca tra gli alberi della piazza e mi corre incontro.
"Joseph! Joseph! Son qua, il telefonino non mi funzionava!", mi dice ansante.
"Ma vaffanculo!", le dico io da lontano, tra i denti.
I miei amici mi ridono dietro, con i loro maledetti panini con la mortadella...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
sabato 14 marzo 2015
sabato 19 aprile 2014
LA MACCHINA DA SCRIVERE DI CHARLES BUKOWSKI
Ero in una via di un paese sconosciuto, con dei miei amici che facevano baldoria. Ma io ero triste e non sapevo perché.
Dopo un pò ho detto a tutti:
"Devo andare da mio padre, abita qui vicino".
Infatti in un vicolo strettissimo là vicino c'era una casa piccolissima dove abitava qualcuno che conoscevo molto bene.
Vado lì e entro, c'è Bukowski con la sua vecchia macchina da scrivere che lavora come un dannato, mentre noi tutti là fuori ce la scialavamo alla grande come dei perfetti dementi.
"Ehi, Joseph! Sei tu? E le birre te le sei scordate stavolta?", mi fa.
"Le vado a comprare subito", dico io, meravigliato che non mi abbia buttato fuori, infatti lui odiava da morire essere interrotto nel suo lavoro, non lo tollerava mai.
"Ehi, che poi mi devi preparare il sugo di polpette di asino che sapete cucinare solo voi, terroni della bassa Italia, te capì, nino?", mi dice poi sorridendo, sornione.
"Certo, Buk! Con vero piacere", dico io, facendo l'atto di già correre alla bisogna.
"Joseph, mi devi accompagnare all'aeroporto, poi. Devo consegnare queste cartacce qui a un tipo che viene dall'Arizona, un pezzo grosso dicono. Mi darà parecchia grana, poi ti pagherò tutto", mi dice lui.
"OK, Buk", dico io.
"Vai ora che ho una fame di una tigre e una sete di una balena", mi fa lui e ride.
Esco nel vicoletto. Sento dietro di me che la sua macchina da scrivere attacca a battere con il ritmo di una vera mitragliatrice.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
Dopo un pò ho detto a tutti:
"Devo andare da mio padre, abita qui vicino".
Infatti in un vicolo strettissimo là vicino c'era una casa piccolissima dove abitava qualcuno che conoscevo molto bene.
Vado lì e entro, c'è Bukowski con la sua vecchia macchina da scrivere che lavora come un dannato, mentre noi tutti là fuori ce la scialavamo alla grande come dei perfetti dementi.
"Ehi, Joseph! Sei tu? E le birre te le sei scordate stavolta?", mi fa.
"Le vado a comprare subito", dico io, meravigliato che non mi abbia buttato fuori, infatti lui odiava da morire essere interrotto nel suo lavoro, non lo tollerava mai.
"Ehi, che poi mi devi preparare il sugo di polpette di asino che sapete cucinare solo voi, terroni della bassa Italia, te capì, nino?", mi dice poi sorridendo, sornione.
"Certo, Buk! Con vero piacere", dico io, facendo l'atto di già correre alla bisogna.
"Joseph, mi devi accompagnare all'aeroporto, poi. Devo consegnare queste cartacce qui a un tipo che viene dall'Arizona, un pezzo grosso dicono. Mi darà parecchia grana, poi ti pagherò tutto", mi dice lui.
"OK, Buk", dico io.
"Vai ora che ho una fame di una tigre e una sete di una balena", mi fa lui e ride.
Esco nel vicoletto. Sento dietro di me che la sua macchina da scrivere attacca a battere con il ritmo di una vera mitragliatrice.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
martedì 25 febbraio 2014
IL MIO CORSO SU SPINOZA
Ero in una sala gremita di studenti e io dovevo iniziare un corso di filosofia annuale. In fondo, all'ultima fila, confuso tra gli studenti c'era il mio prof della Statale Franco Fergnani.
A un certo punto prende la parola e dice, con un gran mucchio di fogli volanti in mano, scritti e cancellati almeno centinaia di volte ognuno:
"Io son qui per introdurre il corso del mio amico Giuseppe su Spinoza con miei vecchi appunti personali, mie riflessioni personali un pò perse nella fumolenza di tantissimi anni, ma son qui principalmente per incitare tutti noi a fare bene e a dirvi di fidarvi della parola del nostro caro Giuseppe..."
Continuava poi a elogiarmi con ricercati vocaboli e una sensibilità non comuni, puntualizzando, ritoccando, tornando a puntualizzare.
Io pensai:
"Mi vuole davvero bene il mio amico Franco, se si è preso il fastidio di venire alla prima lezione del mio corso su Spinoza e dire tutte queste belle cose su di me".
L'aula era veramente piena e ciò io l'attribuivo proprio alla sua presenza tra gli studenti...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
A un certo punto prende la parola e dice, con un gran mucchio di fogli volanti in mano, scritti e cancellati almeno centinaia di volte ognuno:
"Io son qui per introdurre il corso del mio amico Giuseppe su Spinoza con miei vecchi appunti personali, mie riflessioni personali un pò perse nella fumolenza di tantissimi anni, ma son qui principalmente per incitare tutti noi a fare bene e a dirvi di fidarvi della parola del nostro caro Giuseppe..."
Continuava poi a elogiarmi con ricercati vocaboli e una sensibilità non comuni, puntualizzando, ritoccando, tornando a puntualizzare.
Io pensai:
"Mi vuole davvero bene il mio amico Franco, se si è preso il fastidio di venire alla prima lezione del mio corso su Spinoza e dire tutte queste belle cose su di me".
L'aula era veramente piena e ciò io l'attribuivo proprio alla sua presenza tra gli studenti...
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO
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