C'era un grande raduno ad Acquaviva, in piazza. E là, sul palco ero stato chiamato io a tenere una conferenza. Si parlava del solito provincialismo da festa della cipolla e del panzerotto fritto, e su come aumentare naturalmente l'altezza di tutti i campanili del paese sulle restanti ville antiquate dei paesi vicini. Io ero sui tavoli posteriori del palco ma comunque chiamarono pure me a dire le mie panzane.
Quando mi accorgo che è nelle vicinanze, presso un bar, Doris Schwald con due vecchie zie. Non so cosa sia venuta a fare, ma forse a vedere cosa combino io. E' un mio vecchio furore, fatto di tanto nulla e di tanta meschinità. Ma anche di tanta pazzia e spensieretezza.
Io intanto finisco la mia conferenza e come al solito devo partire per Milano. Vado alla stazione e là mi accompagnano tanti vecchi amici, ma pure tanti giovani.
"Se non fate ora quello per cui vi si infiamma il cuore quando vorrete mai farlo? Nella prossima vita?", dico loro.
Tanti sono scontenti della loro esistenza in paese ma sono troppo deboli di carattere per tentare almeno di cambiarla, oppure più prosaicamente non vogliono rinunciare alle mille comodità che pure il paese riesce a garantire, nonostante la noia e la pigrizia generale.
Sembrano venuti in tanti per seguirmi ma poi all'atto pratico tutti si tirano indietro.
Chi deve obbedire ai suoi genitori, chi non vuole lasciare la sua fidanzata, chi gli piacciono troppo le orecchiette con le braciole al sugo...
Alla fine resta che devo partire, come al solito, solo io. Io rimango un pò deluso, per dire la verità, perchè un pò di compagnia durante il viaggio mi sarebbe piaciuto averla, ma tant'è, sono pure abituato con piacere alla mia santa solitudine.
Arriva il treno, saluto tutti e monto in carrozza.
Il treno parte pigramente verso il Nord e io vado a cercami posto nei primi vagoni. Ma lì mi accorgo che la mia vecchia fiamma Doris Schwald ha trovato posto pure lei con le sue due vecchie zie, di cui una mi sembra che sia proprio la madre.
Allora torno indietro perchè non voglio incontrarla. Per vergogna, credo, o per estrema voglia di solitudine. Tanto, comunque, non ho niente da dirle.
Penso alla mia vita e al suo tanto vuoto. E mi viene l'idea che forse avrei fatto bene, tanti anni fa, a restarmene al paese anch'io. Certo, ma non avrei di sicuro vissuto la mia folle vita di scrittore allo sbaraglio come la sto sempre vivendo da quando m'è venuto quel lumicino della ragione verso i 17 anni...
"Se non si vive la propria vita che senso ha vivere quella degli altri?", mi ricordo di aver pensato, e così mi son messo tranquillo nella mia eterna solitudine.
Il treno andava piano verso Bari, ma tanto non c'era mica nessuna fretta...
"Scriverò, amici, qualche poemetto anche per voi..."
E intanto si parte, si parte per combinare chissà che cosa... e poi quasi nessuno viene a spulciare tra le tue carabattole che con tanta passione hai messo su alla maniera di un monumento nazionale...
Chissà, chissà... se un giorno un nostro romanzo arriverà a New York...
Il treno, mezzo arrugginito, comunque va... con le nostre vecchie amanti da qualche parte in carrozza...


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