mercoledì 31 ottobre 2012

PSICOANALISI DELL'UOMO DI POTERE

    Ero su un'impalcatura davanti a un palazzo e mia madre Antonietta mi diceva di scendere altrimenti avrei potuto farmi molto male. Allora io le obbedisco e scendo.
    Lì vicino passa Borlux, famoso uomo di potere, con il suo solito codazzo di segretari, gorilla e leccaculo. Mi dicono che sta cercando uno psicoanalista e che vuole farsi consigliare da me. Io accetto di aiutarlo, perchè magari di ricambio lui può aiutarmi con i miei libri.
    Ha molta fretta e devo parlargli camminando, anche abbastanza velocemente pure.
    "Praticamente la psicoanalisi è un trascrivere insieme a un'altra persona, appunto lo psicoanalista, la propria storia. Quindi un raccontarsi in due la propria stessa storia. Raccontandosi la propria storia tutto diviene alquanto più chiaro, e può presentarsi evidente un errore che commettiamo di continuo rispetto a noi stessi e che intralcia di brutto la nostra stessa vita, avendone piena coscienza può venire facile eliminarlo. Questo può avvenire già dopo la prima seduta, oppure dopo la decimilionesima. L'analisi del proprio io può risultare così infinita...", dico io.
      Borlux mi dice:
      "Non c'è un metodo più veloce per venirne a capo?"
      "Credo di sì", dico io.
      "Bravo! In che maniera allora?", dice lui.
      "Tutta la questione per la psicoanalisi riguarda il sesso. Allora bisogna aver ben chiaro che per quanto riguarda la donna il suo intento nel rapporto sessuale è quello di castrare l'uomo, solo così risolve tutti i suoi problemi", dico io.
     "Uhm... Buono a sapersi... E per quanto riguarda l'uomo?", dice lui.
     "Per quanto riguarda l'uomo la faccenda è più semplice ancora: l'uomo nel rapporto sessuale con la donna vuole ritornare nell'utero materno, e là rimanerci, senza aver bisogno più nè di mangiare nè di respirare addirittura, ritornare a una vita totalmente garantita e assicurata, stando di nuovo tutto intero nel corpo della donna non ha bisogno nemmeno più del rapporto sessuale...", dico io.
     "La psicoanalisi è tutta qui?", dice lui.
     "Più o meno sì", dico io.
     "Grazie, Mister, mi hai fatto risparmiare un sacco di tempo", dice lui.
     "E di soldi soprattutto", dico io.
     Lui va di frettissima e sta per scappare via del tutto.
     "E i miei libri?", dico io.
     "Rivolgiti al mio segretario...", dice lui, e scompare in un tunnel...
     Il suo segretario della minchia sparisce dietro di lui senza nemmeno che io abbia il tempo di dirgli neanche una parola...
    "Sempre il solito maledetto figlio di puttana", gli sibilo dietro io.

martedì 30 ottobre 2012

LIBRI CON LITE IN FAMIGLIA

    Ero andato in un un posto di mare con certi miei amici calabresi dei tempi dell'Università, e stavo in una grande casa dove avevo raccolto una grande quantità di miei libri. Poi avevo preso un pullman e ero andato a casa dei miei a Acquaviva. L'affitto al mare stava per scadere e dovevo riportare a casa i miei libri che erano tantissimi e quindi avevo bisogno di aiuto.
    Arrivo a casa e mia madre Antonietta mi dice che è andato a trovarmi al mare Filippo con la sua macchina.
    "Ma scusa non potevi telefonarmi per dirmi che veniva Filippo?", le dico.
     "Non ci ho pensato", dice lei, serafica.
    "Non ci hai pensato? Adesso andrà al mare e non mi troverà, quando io ho bisogno di lui per portare a casa i libri", mi arrabbio.
    "Che ci posso fare...", fa lei.
    Io mi arrabbio moltissimo, prendo un soprammobile di quelli vecchi, un portaoggetti di ceramica molto decorato finemente, a cui lei è molto legata, e lo butto a terra. Il portaoggetti si rompe, ma poi mica molto. Mia madre lo raccoglie e cerca di ricomporlo. Non dice niente.
   Io vado in camera da letto a cercare mio padre Michele, e vedo che dorme. Lo lascio stare.
    Torno in cucina e mia madre se ne sta per conto suo a ricamare qualcosa. Guardo in strada e vedo che mio padre se ne sta seduto a una sedia con il capo appoggiato sulle sue braccia a pensare a chissà cosa per conto suo.
    Siamo solo in tre in famiglia, ma ognuno se ne sta per conto suo...

     Me ne vado al circolo per vedere se c'è qualcuno che mi accompagna al mare. C'è una riunione scassamarroni, e lì c'è Giovanni Doppio Rhum, gli chiedo se mi accompagna al mare in automobile, mi dice che deve seguire la riunione, che è molto importante.
    "Ma vaffanculo...", gli dico io.
     Vado via. Mi rassegno ad aspettare Filippo Capacchione. Quando arriverà torneremo indietro a prendere i miei libri... se nel frattempo intanto non me li avranno già rubati del tutto...

      

domenica 28 ottobre 2012

SPOGLIARELLO

     Con il cuore in gola sono entrato allora anch'io in quel locale di gente equivoca. E infatti appena entrato mi sono accorto che era un locale di spogliarelli di infimo ordine. La tipa che andava spavalda sotto la pioggia s'era messa in pista e già si spogliava senza inibizioni. Io era stranamente tranquillo e infatti appena una strana luce rossastra le ha illuminato il viso ho finalmente realizzato che non si trattava di te... Non eri tu... Mi son messa l'anima in pace... Ho respirato a fondo il tanfo di quella specie di locanda infernale e mi son messo calmo con me stesso... Mi son seduto a un tavolino infine in un angolo dimesso... Mi sembrava di essere il padrone del mondo, re di tutta la saggezza esistente...L'inferno mi aveva evitato per un pelo... 
    La ragazza si spogliava sempre di più. Un cameriere mi ha portato una mezza birra rossa, l'ho pagato subito e se n'è andato contento pure lui...
    Fuori la pioggia continuava a mitragliare la città con la sua flotta di nuvole bombardiere... Gli uomini sotto scappavano da quella furia che li colpiva alla schiena senza pietà...
    "Lavatevi, luridi!", sembrava tuonare qualcuno da chissà dove... "Che se non vi volete lavare voi, son ben capace di lavarvi io"...
    Killing mi cercò anche in quel locale, e vidi i suoi occhi strabuzzati di scheletro ambulante da dietro la vetrina... Per lui il mondo era una notte di Halloween senza fine... Mi cerca e entra, si siede accanto a me e si fa portare anche lui una mezza birra rossa... Il cameriere fila senza chiedergli niente... Fa troppa paura lui... A tutti... Con quel suo mascherone di disgraziato totale...
     E' venuto un buttafuori che gli ha iniziato a dire:
     "Ehi, tipo, devi..."
     Lui gli ha dato il boccale vuoto e gli ha detto:
     "Portami un altro boccale di birra a me e al mio amico altrimenti ti ammazzo".
     Il buttafuori ha rinculato, come un fesso, con il boccale in mano... è andato via finalmente...
     La tipa superfiga che ti somigliava come una goccia d'acqua si era ormai spogliata del tutto, ma sotto le mutande che si era tolte ne aveva ancora un paio più minuscolo, quasi invisibile... L'arte di seduzione delle femmine è davvero infinita...
     Killing ha esclamato:
     "Mizzica, che trancio!"
     Il cameriere ci ha portato altre due mezze birre rosse con gli occhi sbarrati di terrore...

APPARIZIONE IMPROVVISA

    Pioveva sui Navigli e la gente correva senza ombrelli su e giù per i locali a cercar vino, whisky o, meglio ancora, ragazze da mettere sotto pressa.
    La sveglia della basilica s'è messa a suonare e un pò tutti si sono scossi in allarme. Si era tutti in una gran festa di carattere cosmico. Lune, galassie, costellazioni, comete, buchi neri, tutti a girare in tondo in maniera forsennata cercando di dimenticare la tecnologia moderna dei cervelloni demiurghi universali e gli angusti limiti di una metropoli tutto sommato abbastanza provincialotta e parecchio lontana dalle alte sfere direzionali.
    Killing era nelle vicinanze con due sue sconosciute attricette, ben messe in servizio e parecchio appariscenti. Il lavoro andava non c'è male e avevano tutti i tavoli prenotati per l'intera serata.
    Io me ne stavo da solo come al solito, e la cosa non mi dava oltremodo fastidio, anzi. Aspettavo anch'io la mia attricetta di quarta categoria di turno serale per farmi il mio visibilio di birra bionda e campari rosso, quasi necessario per lavar via le cattive scene del solito inconscio scassamarroni e dell'onnipresente super-io perennemente incazzato. Paranoia a volume basso, corrente a 220 e lampadine accese. In attesa della trasmissione della foto porno sulla radio  psichiatrica notturna...
    Giovani perduti nella corrente...
    Killing se ne andava in giro con la sua fuoriserie francese a rimorchiare quanti più gonzi per il suo locale, io lo guardavo nel suo tran-tran e me ne fregavo alcunchè... Pensando, chissà perchè, ogni tanto a Marilyn Monroe... in quel film che aspetta la corriera con un vistoso e bellissimo vestito verde...
    Pioveva sempre sui Navigli e la tristezza aumentava proprio di troppo... E io mi stavo rassegnando ormai al mio ruolo di navigatore solitario nel pieno oceano dei pensieri neri...
    Ascoltavo la radio dei matti e me ne stavo bello zitto... 
    A un tratto mi sei apparsa davanti, sulla strada, sotto la pioggia, naturalmente senza ombrello e senza cappello, eri bellissima tutta fradicia d'acqua, con la tua solita alterigia di superfiga... in cerca di vittime da sacrificare sull'altare dell'amore, del sesso, del nulla...
    Io son saltato sulla sedia per la sorpresa, lo spavento, lo stupore... E immediatamente mi sono fiondato dietro di te... Tu non ti sei accorta minimamente di me... nè poteva essere altrimenti, visti i nostri ultimi trascorsi... Ho stretto il braccio a Killing, in una mossa di complicità, in quel momento ne avevo assolutamente bisogno, e son schizzato... Brontolando tra i denti chissà quale bestemmia primordiale... Maledizioni indicibili, quasi sicuramente... Killing s'è quasi rappreso nella maschera del suo teschio, ma ha fatto in tempo a farmi il suo solito sogghigno... 
    Andavi lenta sotto la pioggia come una vera satanassa... Davi rapide occhiate nei locali ma scorrevi dopo subito oltre... Io rallentavo e accelleravo al tuo ritmo di cammino, come d'altronde ho sempre fatto con te... 
    A un tratto ti sei bloccata davanti a un localaccio di malaffare vicino il Pont de Ferr, e senza un'attimo di esitazione ti sei sparata dentro. Chissà chi ti aveva attratta con così tanta foranza...
  

GENTE FELICE

    Eravamo a New York, e a un certo punto ce ne andiamo all'ultimo piano di un alto grattacielo. Là c'è una baldoria da non dire. Balli, schiamazzi, musica blues a tutt'andare. Io e i miei amici ci buttiamo nella mischia, ma il capo della combriccola fa notare che noi siamo degli intrusi.
    "Noi siamo Rom, ve ne siete accorti o no?", ci fa il loro boss.
    "E allora? Possiamo ballare, capo?", faccio io anche a nome dei miei amici.
    A sentirsi chiamare "capo", il boss si è sciolto e ha dato via libera al nostro invisibile lasciapassare.
    E così ci hanno sorriso e abbiamo ricominciato tutti a far gozzoviglia.
    Poi ce ne siamo scesi a piano terra e ce ne siamo tornati a casa.
    "E' gente felice", ho detto poi ai miei amici.

LADRI NELLA NOTTE

    C'era Diabolik in un bosco oscuro appena fuori città, era in compagnia della famosissima Eva Kant. Stavano aspettando che arrivasse notte fonda e più nessuno andasse in giro per andare a rubare dalla cassaforte di un riccone una quintalata di oro, zaffiri e rubini.
    Io ero seduto a una panchina, anch'io nel buio, avevo perso l'ultimo tram e non sapevo proprio che pesci pigliare, se mettermi a camminare verso casa e arrivare così al mattino, o sdraiarmi là e aspettare il primo tram del giorno verso le cinque, che poi tutto sommato non erano mica tanto lontane.
     A un certo punto vedo Diabolik andarsene via e lasciare Eva Kant nel bosco.
     "Io dopo tutto non sono nient'altro che un ladro", sento dire a Diabolik prima di andarsene via.
     Eva Kant è tutta sola, triste e infelice.
     Io mi avvicino e lei di slancio si butta tra le mie braccia e mi bacia con passione.
     "Se ora torna Diabolik m'ammazza", penso.
     Eva è come se mi legga nei pensieri.
     "Oh, non torna per ora, ci metterà molto prima che scassini quella cassaforte supercorazzata", dice e si stringe più forte a me.
      E' una bellissima ragazza e si fa l'amore dietro una siepe. Mi bacia con molta passione.
     "Mi ammazzerà quando lo saprà", penso.
     Eva mi legge di nuovo nel pensiero.
     "No, non lo saprà mai", mi dice e mi stringe più forte. "E' solo un ladro e un assassino".

sabato 27 ottobre 2012

MARE IN BURRASCA

    C'era un mare in burrasca da far paura. Uno spettacolo spaventoso eppure bellissimo. E io ero là in mezzo, che non sapevo proprio che fare. Se mettermi a guardare quello spettacolare fortunale, così sublime e terribile, oppure cercare di salvarmi. Marosi immensi, pioggia scrosciante e masse d'acqua gigantesche in continua ondulazione ciclopica. Non potevo salvarmi neanche se avessi voluto e lottato con tutte le mie forze. Così mi sono lasciato andare nella corrente e mi sono messo a guardare con il cuore in gola quello stupendo spettacolo che molti poeti hanno chiamato "furia della natura", altri "ira degli dèi".
    Ero là nella rabbia finalmente esplosa di tutti gli elementi, abbandonato a me stesso, aspettando l'esito del mio destino...
    A un tratto è apparso un veliero, che faticava enormemente a tenere il mare, tutti i velacci ammainati, ma pure andava avanti. Lì mi hanno aiutato e mi hanno tirato a fatica su.
    Su c'era un bar di periferia e servivano a tutti dei Campari rosso, che faceva davvero freddo e tutti eravamo bagnati. 
     "Un bicchiere al naufrago!", ha detto il comandante.
    Era Rudy l'accattone, che aveva appena venduto 10 statuette di ottone di un sollevatore di pesi... e ora con il ricavato offriva da bere a tutti durante un temporale da diluvio universale...

IL CAPO, IL CAMERIERE E UN CAFFE' NON BEVUTO

    C'è un capo su di me ma non so chi cazzo sia. Mi fa sempre domande che non capisco. Gli dò sempre risposte da stupido. Lui scrive relazioni su di me in più alto loco. Mi vogliono fregare lo so, ma non gliela dò ancora vinta. Non mi arrenderò mai, lo so. Combatterò sempre con tutta la forza della mia stessa ottusità. Mille ne sa la volpe ma solo una e buona il riccio: chiudersi in sè e offrire agli altri tutti gli aculei appuntiti della sua disperazione.
     Il capo ha il suo scranno di principale tutto occupato di carte che mi riguardano, e di cui io ignoro completamente il contenuto. Qualcuno mi studia, qualcuno mi spia, qualcuno mi calunnia. Tutti poi vanno a riferire a questo capo di merda. Non che sia un uomo cattivo, ma mi può schiacciare se gliene viene la voglia. Così lo odio. Non mi va che qualcuno possa disporre della mia vita a suo piacimento come può fare lui. Se potessi l'ammazzerei senza problemi. Ma poi penso che lo sostituirebbero in un secondo e allora sarei punto e a capo, senza risolvere il mio problema.
     Mi osservano da tutte le direzioni, in tutte le circostanze, per tutte le questioni. Se ne stanno, non visti, dietro specchi falsi e mi fotografano in continuazione. Fanno rapporti in continuazione al capo, che poi a sua volta riferisce tutto in più alto loco.
    Ora per esempio ho una macchia di unto sulla mia maglia, son certo che è già partito un rapporto dettagliato per lui, il capo. Di che macchia si tratta, quanto è grossa, se puzza o meno, se posso sporcare qualche altro con la mia condotta di sporcaccione ecc. ecc. ...
     Tutti osservano tutti e tutti fanno rapporto al capo.
    Io non so chi è questo cazzo di capo che mi ritrovo sulle spalle, ma intanto lui mi accusa di tutto: se piove, se nevica, se cade il governo, se la macchina non parte, se il treno non è in orario, se ritarda il cameriere, se sua moglie lo tradisce, se suo figlio va male a scuola, se il film faceva schifo...
   Io naturalmente non ne so nulla di nulla ma sono qui in dispensa, a disposizione, a fare il capro espiatorio all'occorrenza...
    Io invece stamattina ho ordinato un caffè al bar, il barista me l'ha dato e nella tazza non c'era niente... Non ho avuto il coraggio di incolpare nessuno. Son sicuro che sul tavolo del capo è arrivato un rapporto che io stamattina non ho bevuto il caffè e che la colpa era mia mica del cameriere, che forse è una spia pure lui e mi ha fatto uno scherzo, oppure è un alienato a tal punto che quando fa un caffè si scorda perfino di mettercelo dentro...

LA GUERRA DEI PRIGIONIERI

    Ho trovato una donna sul pavimento di casa mia, legata e imbavagliata a dovere. Era la mia psicoanalista che qualche criminale aveva ridotto in quello stato proprio in casa mia, con l'intento fin troppo evidente di incolpare successivamente proprio me.
    Intorno a lei c'erano mucchi di foglietti svolazzanti, i suoi maledetti famigerati appunti sui suoi malati di testa, i suoi pazzi, i suoi depravati schizzati di cervello.
     Avrei dovuto darmi da fare per liberarla, ma strano, non me ne fregava un cazzo di lei. Perdipiù cercavo il suo gruzzolo, cercavo con lo sguardo se caso mai c'era in giro il grosso malloppo di tutti i suoi incassi delle infinite sedute che ci faceva a tutti noi matti...
    No, non c'era niente. Il criminale che l'aveva legata non era certo un fesso, s'era pagato profumatamente quel suo bislacco lavoro e aveva ramazzato la grana. Buon per lui.
    Ancora non mi veniva in mente di slegarla, di liberarla da quella impossibile posizione. Di certo non era molto comoda, stesa di fianco sul pavimento, legata e incordonata come un bel boccone erotico da mangiarsi con tutto il tempo della bisogna... Mi guardava con occhi imploranti, ma io nisba, non mi faceva effetto... la guardavo indifferente, come se la cosa non mi riguardasse affatto...
     Mi son messo a cercare tra i fogli gli appunti che mi riguardavano... ma non c'erano nomi... quei fogli potevano riguardare tutti e nessuno... tutti malati, pazzi, rimbambiti, deficienti, imbecilli, stupidi, falliti, bambinoni, scucuzzati, petroliati, patetici, penosi, disperati, angosciati, paranoici, schizzati... ecc. ecc. ...
    Immobile sul pavimento, legata e strombazzata senza pietà... Faceva impressione a vederla.
    Dovevo chiamare la polizia. Bravo! Così poi arrestavano me...
    Dovevo liberarla... Perchè? Mica lei liberava me... Io non le facevo pietà... Mi lasciava legato e imbavagliato, steso sul pavimento, a me lei... senza pietà...
    La lasciai là. L'avrebbe liberata un altro pazzo messo peggio di me. O meglio, non so.

    

DEPRESSIONE E ROBOT D'ASSALTO

    Il solito piatto sciapito della vita. E allora aglio, peperoncino piccante e cipolla, tanto per piangere ancora un pò per nulla...
    L'ufficio delle cose perdute con mille capi a romperti i coglioni, a farti capire finalmente che non sei altro un moccioso di asilo infantile, uno da prendere a scapaccioni come e quando si vuole. Umiliati e offesi, vendicatori e odiatori perenni.
    Il medievo di una mente malata, allenamenti di torture da infliggere a orde di nemici infiniti. Ingiurie, sputi, e improperi a raffiche...
    DEPRESSIONE! Tutti quanti a cospirare contro di me, a trafficare, a rubare quel che di poco ho raccattato durante la mia grama vita... Tutti a voltarsi con disprezzo, alterigia e superiorità verso di me. Hanno capito, gli stronzi, che con me si possono permettere tutto quello che vogliono perchè si nascondono dietro le loro menzogne, i loro inganni, i loro sporchi giochi al massacro con le loro facce di merda tutte laccate a facce di agnellini indifesi, e bisognosi di aiuto...
    Espressioni da robot d'assalto, impassibili e irreali...
    Tutti si alzano e si muovono contro di me... Si fanno cenni di intesa, attaccheranno come un sol uomo per farmi fuori, per finirmi senza pietà, per ridurmi in cenere finalmente per la loro goduria di pervertiti scoppiati...
    Sparlano alle mie spalle, e me ne dicono di tutti i colori. Vogliono ridurmi a nulla, che è il loro giudizio finale su di me...
    "Un coglione", tutti che dicono così di me...
    Mi volto verso di loro con un coltello acuminato in mano, deciso a farmi vendetta con tutta la mia forza e la mia disperazione...
    NESSUNO, non c'è nessuno, sono spariti tutti, i vigliacchi, i bastardi, i fottuti, gli invertiti... Son spariti a vedere il coltello... e la mia faccia di folle...
    Torneranno, non c'è scampo. Torneranno appena avranno visto che ho messo via lo spillone... I vigliacchi...  
    Scherzano ora. Hanno avuto una paura matta, se la sono fatta sotto, si sono cagati addosso, e ora rassettano la paura con le loro risate del cazzo...
     Il tempo rallenta, li vedo tutti nella loro realtà: pagliacci rincoglioniti che hanno sete di sangue, il sangue del più debole...
    Ve lo farò vedere il sangue, e chissà se sarà il mio o il vostro, vigliacchi di merda... Il coltello me lo porto sempre in tasca, merdosi... Prendetene nota, per la vostra carriera in velocità... Passerete poco a distanza ravvicinata da me ora...
     Mi guardo intorno: se ne sono spariti tutti... Non c'è più nessuno... meglio così... E chi ha detto che da soli si sta male?... Forse era qualcuno molto poco informato dei nostri tempi così balordi...

HO SPOSATO LA MIA FOLLIA

    Tanto vale che mi sposi la follia e buona notte al secchio. A che resistere? Non serve a niente. Se non è la tua, è l'altrui. A questo punto meglio la propria. E se proprio deve essere follia che sia una bellissima donna allora.
    Continuo pensamento, farneticante fantasticamento sulla versione alternativa della nostra scadente vita. In che direzione avviarsi?
     L'uscita, senza disonori particolari nè allori inverecondi, dei camerieri: tanto perchè gli altri sono perennemente a mangiare a sbafo e indovinate un pò chi serve? I poveri cristi, tutta la vita a servire e a obbedire con i piedi e le gambe gonfie di dannazione...
    Cambio scena e vado sul set di un film giallo. Qui c'è un assassino. Vuole uccidere un tizio che sta dietro un computer a dirigere una ditta di panini imbottiti. C'è pace nel mondo e moltissimi soldi. L'assassino ha già incassato. Il motivo dell'omicidio? Una sana e spettacolare concorrenza tra ditte di panini imbottiti. L'assassino tira fuori la pistola e spara. Il tizio dietro al computer dice: "Vaffanculo, scemo". Si alza e va via. Si mette in piazza e fonda una ditta di cioccolate. Gli uomini vogliono sempre e soltanto mangiare, perchè allora spararsi tra noi gentiluomini?, dice il tizio.  Basta spostarsi, almeno così la pensano gli uomini intelligenti...
    Io lascio a loro i tramezzini, i soldi e le cioccolate e mi dò a Betty Page, me la sono pure sposata, anche se è pura follia: almeno è la mia follia...

UNA BANDA DI POETESSE

     Arriva una sera una bella combriccola di poetesse, di cui spiccava una in particolar modo: vestita di bianco e con un gran spacco alla gonna lunga da abito da sposa, tanto che faceva veder quasi tutte le gambe e le calze...
    Recitano, ridono, danno in scalmane, scherzano, fanno un gran casino...
    Il teatro è tutto tappezzato di giornali di pettegolezzi, con pin up in bella mostra... Ci sono anche tanti operai scaricabarili, e carpentieri di montaggi palchi di prime donne... Ma nessuno ha venduto i biglietti, nè ha fatto pubblicità all'evento, e chissà perchè tutti danno la colpa a me, anche se io naturalmente non c'entro niente, e quelle invasate manco le conosco nemmeno...
    Genofeffa de Arcangelis, una di quelle stregacce mi attacca di fino e di pesantezza. Dice che sono un buonanulla, un vagabondo, uno scansafatiche, insomma uno che non vale niente.
     "Ma io mi trovo qui per caso. Come faccio a aver colpa di tutto questo se manco vi conosco, e infatti qui vi vedo per la prima volta!", reagisco io.
    Ma quelle non vogliono sentir ragione, dicono che mi mandano dal direttore generale per una ramanzina da lavarmi ben bene la testa con acqua e sapone.
    Io mi spavento, non so chi è questo famigerato direttore generale. Penso al sindaco, al papa, al presidente della repubblica, e, con un sobbalzo non da poco, perfino a Dio.
    Di colpo mi ritrovo in un tribunale e il giudice, un regista di film di chiara fama internazionale, con un parruccone bianco, dichiara: "Colpevole!".
    "Ma di che?", oso reagire io.
    "Non ha assolutamente importanza. Colpevole!", dichiara con tutta enfasi il giudice.
    Questo vuol sembrare Dio, ma per me è solo un gran impostore, penso io.
    Fatto sta che se ne vanno tutti via, anche le stregacce poetesse, responsabili di tutto il casino equestre, e mi lasciano solo come un citrullo.
    "Te sei solo un uomo che non vale nulla", mi dice infine la ganza tutta vestita di bianco di prima, con lo spacco alla gonna che faceva vedere tutte le cosce, niente male per dir la verità.
    "Porca la puttana, queste balorde della malora mi faranno di certo aumentare la parcella della psicoanalista", penso io con raccapriccio.
    Comunque erano rimasti a terra dei mucchi di libri di poesie di quelle preclare letterate e allora io li ho presi a calci facendo sfarfallegiare i fogliacci staccati tutt'intorno...
    "Beccatevi questo, e quest'altro dall'uomo da nulla...", gridavo io, tirando a tutta forza calci, e mi mettevo a ridere forte proprio come un matto, o come un ubriaco che ne ha bevute tante nella sua vita, ma proprio tante...
     Esco finalmente dal teatro e vedo sul cartellone che pubblicizzava lo spettacolo: "MARIONETTE, entrate pure senza alcun tipo di paura e partecipate alla recita nel ruolo che più vi piace, e poi date sempre tranquillamente tutta la colpa al primo che capita".

UNA MASSA DI CONIGLI E UN SINDACO MARPIONE

    C'erano sul lato del distributore di benzina Total dell'estramurale Pozzo Zuccaro una marea inverosimile di conigli. Io vado a vedere di che si tratta, e infatti i conigli si mantenevano tutti sui bordi del prato del distributore e non attraversavano in nessun caso la strada, intuendo di fare una brutta fine se caso mai l'avessero fatto.
    Ma fatto sta che forse li avrebbero venduti a un macellaio di lì a poco.
    "Ma che fastidio vi danno? Non potete tenerli?", faccio io al capo.
    "Ma non vedi quanti sono? Sono tantissimi, troppi...", dice lui.
    "Ma se ne stanno tranquilli, e poi non vedi?, non attraversano la strada", dico io.
    "Non so", tentenna lui.
    "Non vedi come sono belli?", dico io.
    "Vedremo...", dice lui.
     Intanto là vicino c'è una riunione del consiglio comunale di Acquaviva, entra un vecchio sindaco gran trafficante di burle e di grattamenti vari. Entra e chiude il portone. Io faccio in tempo a entrare, ma ne me vado curiosando per tutti i corridoi e infine trovo una porta che dà sul prato dei conigli, esco per andare a dare un'occhiata a cosa succede dei conigli, ma il vecchio sindaco marpione mi chiude la porta alle spalle.
     "Ehi, non scordarti di venirmi ad aprire la porta quando torno", gli faccio io.
     "EH?", fa lui, facendo finta di non sentire.
     "Non scordati di venirmi ad aprire la porta quando torno", ripeto io.
     Ma il tanghero è già andato via, facendo finta di non aver sentito.
     "Sì, sì, ti apro io quando torni", dice chissà chi da oltre la porta ormai del tutto sprangata.

venerdì 26 ottobre 2012

IL FUMETTISTA

    Eravamo come in una specie di corridoio e c'era lì Adriano Rock che pontificava, intorno a lui 3 o 4 amici, tra cui anche qualche altro cantante famoso. Io stavo seduto a un tavolo. Avevo arrostito del buon manzo pugliese e avevamo appena finito di mangiare. Quando ad effetto Adriano dice:
    "Te, Joseph, dovresti tentare di fare qualche buon fumetto. Son sicuro che ci riusciresti".
    "Beh, per riuscirci forse ci riuscirei, ma io son scrittore perlopiù e soprattutto", dico io.
    "Secondo me riusciresti di più nei fumetti. Tipo quelli di Betty Page, per esempio", dice lui.
    "Con Betty Page riuscirei meglio in altre cose", dico io.
    "Tipo?", dice lui.
    "Un romanzo d'amore", dico io.
    "Ehi! Ehi! Sempre un pò esagerati voi scrittori", dice lui.
    "Ma non ero un fumettista?", dico io.
    "No, non sei un fumettista. Ho detto solo che riusciresti meglio nei fumetti", dice lui.
    "Ah, beh", dico io.
    Ci mettiamo tutti a passeggiare lungo il corridoio. Io arrivo alla fine del corridoio e mi metto seduto per terra. Gli altri continuano a passeggiare avanti e indietro.
    Io penso:
    "I personaggi famosi visti nella loro quotidianità sono dei rompicoglioni balordi come tanti, visti dal di fuori la gente invece chissà che si pensa..." 

giovedì 25 ottobre 2012

L'IDIOTA DI NEW YORK

    Avevo appuntamento con lui davanti alla libreria "Happy Night" della 47esima. Mi manda 3 messaggi già prima di arrivare. "Sono qui, sono là, faccio questo, e quest'altro ecc. ecc.". Io non gli rispondo, sono in metrò, sono scocciato, gli devo dare dei libri a questo idiota. Ma è amico di un mio amico molto importante per me e allora devo abbozzare.
    Arrivo finalmente al luogo dell'appuntamento. 4 minuti di ritardo. Lui non c'è già più. Leggo il suo ultimo insulso messaggio che prima manco ho aperto, e leggo: "Giacchè aspetto vado a ricaricare il telefono". Oltre che idiota è soprattutto stronzo.
   Aspetto. Una tipa mi guarda altezzosamente e pensa che la voglio cuccare, si pensa troppo bella per me e mi snobba alla grande con le sue stranissime smorfie. Allora io contraccambio, le faccio un'unica smorfia di disgusto e non la guardo più. L'idiota non arriva. Arrivano invece le 7 sull'orologio di strada, l'appuntamento era alle 6 e 30.
     "Alle 7 e 5 in punto vado a farmi un cappuccino nel bar e telo, sono o non sono un grande artista?", penso.
    Le 7 e 5 arrivano e passano. Vado al bar e ordino un cappuccino. I camerieri mi ignorano. Poi dopo tanto tempo uno mi dice: "Deve fare lo scontrino prima".
     Non si fidano di me. E intanto un tipo lasco mi sorpassa, vuole una birra e la cassiera gliela nega, "sarà un ubriaco abituale", penso. Gli parlo dei teppisti che stanno di fuori e che forse sono la causa del fatto che non gli danno la birra. Anche l'ubriaco mi snobba e fa finta di non sentire, o di non capire il mio inglese arrabattato. 
     Arriva una sberla di ragazza altissima con le calze a rete e supertruccata di rossetto e rimmel. E' una puttana che batte, ma è giovanissima. Anche lei ordina un cappuccino, e tira fuori un mezzo dolcetto da una carta, se lo mangia a morsini, non sarà più grande di un terzo di una pasta alla crema. Mi guarda con intenzione.
    Poi mi dice:
    "Hai da fare, bello, stasera?"
    "Ho un appuntamento con un idiota che manco arriva", le dico io.
     Lei scoppia a ridere.
    "Ah! Ah! Ah! Ehi! Non sarà che sei tu stesso l'idiota che stai aspettando?", mi dice.
    "No, spero di no", dico io sorridendo.
    "Dai, non mi sparare cazzate", dice lei.
    "Quanto vuoi?", le chiedo io.
    "50 dollari, con righello e mandolino", dice lei.
    "Beh, non è tanto 50 dollari, ma io non ce li ho", dico, sorvolando sul righello e il mandolino che non capisco proprio a cosa si riferiscono, saranno cose nuovayorchesi che non so, ma comunque non capisco tutto quando mi parlano gli americani, anche se lei non è americana ma russa.
    "E quanto ci hai, bello?", dice lei.
    "15 dollari, ma ci devo pagare pure il cappuccino", dico io.
    "Ah, qualcosa ti posso fare, un succhiotto...", dice lei.
    Minchia, vallo a scoprire ora cos'è un succhiotto. Mah, comunque qualcosa mi immagino.
     Il cameriere intanto ci ha messo i due cappuccini sul banco del bar. Io prendo una busta di zucchero di canna, prendo la tazza e vado a sedermi a un tavolino, credendo che la puttana russa mi segua. Ma invece non mi segue, prende il suo cappuccino, che si è fatto mettere in una tazza di plastica, e se ne va fuori a battere di nuovo. Fuori fa un freddo della malora e quasi nevischia.
     Io mi bevo il mio cappuccino, la busta di zucchero era troppo piccola, e praticamente me lo bevo amaro, ma non ho proprio voglia di alzarmi per andare a prendermene un'altra e sorbirmi lo sguardo strano del cameriere che mi sgama di traverso.
     Mi accontento di ascoltare l'ubriaco incallito che anche lui ha i suoi bravi problemi e litiga con il suo panino hotdog e una cocacola piccola.
     Intanto si siedono al mio tavolo 3 peruviani, un uomo, una donna e un travestito. Parlano tra di loro in spagnolo e capisco quasi tutto. Mi alzo, porto la tazza al banco del bar.
    "Grazie", mi dice il cameriere, facendomi l'occhiolino.
    Minchia, ma che ci hanno tutti oggi?
     Esco fuori e l'idiota non è ancora arrivato. Sono le 7 e mezzo. Allora prendo i libri, tutti delle gran cazzate, che dovevo dargli e che erano suoi e li butto in un bidone della spazzatura. Prendo il telefonino e lo spengo. L'ultimo suo messaggio del cazzo mi diceva che stava perdendo troppo tempo al negozio di vai a sapere cosa.
    "Non è ancora arrivato l'idiota che stavi aspettando?", mi fa la troia russa.
    "No", dico io.
     Lei scoppia a ridere.
     "Ah! Ah! Ah! Te l'avevo detto io che non arrivava perchè magari sei tu stesso!", dice lei.
    "Beh, magari ci hai ragione te", le dico.
     Io me ne vado piano in direzione di Central Park. Fa freddo ma mi voglio fare una bella passeggiata tra gli alberi. 13 dollari sono proprio pochi per far tutto a New York.

AMARANTA

    C'era un tram che andava verso la casa di Luca il Maresciallo, il binario era scalcagnato e io mi meravigliavo di come non deragliasse, anche perchè andava sempre a tutta velocità. Arrivo a destinazione e scendo ma subito mi accorgo che mi sono scordato sul tram le mie scarpe. Di tornare indietro a riprendermele non se ne parlava neppure perchè il tram era ormai andato, lontanissimo tra la campagna.
    Così mi rassegno a restarmene a piedi nudi.
    Là nella sottocantina della casa c'era Amaranta, una ragazza che aveva voluto mettersi a tutti i costi con me. Era bella e cara, ma manteneva delle vaste zone di mistero nel suo comportarsi verso di me.
     Là c'era pure una professoressa di non so che cosa che mi misurava il grado di umore allegro durante la giornata, e lo trovava sempre altissimo, al di sopra della norma, e diceva che questo non andava assolutamente bene, che doveva scendere altrimenti avrei passato dei guai di non so che natura, con la scuola e il comune.
     A un tratto Amaranta mi chiede:
    "Ma tu cosa possiedi?"
    "I miei libri posseggo, io", rispondo.
    "Ah, quelli lo so bene. Di altro intendo", dice lei.
    "Di altro cosa?", chiedo io.
    "Case, conti in banca, titoli", dice lei.
    "Ah, ora capisco perchè hai voluto metterti con me a tutti i costi... Ma sei capitata male, io sono un povero in canna come di quelli che si incontrano a iosa nei romanzi di Dostoevskij... Ecco: uno studente fallito, ecco cosa sono io... Mio padre forse ha qualcosa, comunque non oltre i quattro soldi che gli arrivano dalla pensione... Hai fatto davvero male i tuoi conti con me...", dico io, sconsolato.
    Mi dispiaceva perchè Amaranta era davvero una bella ragazza, e io in fondo le volevo molto bene, aldilà dell'attrazione erotica naturale... 
    Lei per tutta risposta, prende in tromba e sparisce nei muri di nebbia che sempre circondano le nostre vite così ambigue... 

martedì 23 ottobre 2012

GENERALI NAPOLEONICI

    Eravamo accanto a una fontana davanti all'ingresso di un teatro dove di lì a poco Adriano Rock avrebbe tenuto il suo concerto. Quando a un tratto mi accorgo che dietro la folla dei suoi ammiratori sfegatati c'erano 3 o 4 poliziotti.
    "Ehi, Adriano, mi sembra che ci siano degli sbirri lì ad aspettarti all'ingresso", gli dico.
    "Dove?", fa lui.
    "Là, proprio dietro la folla dei fans, li vedi?", gli dico io.
     "Cazzo, ci hai ragione", fa lui.
     Poi d'istinto dice a Serafino l'autista:
     "Dai, sali con la macchina proprio fino all'ingresso del teatro".
     "Ma come faccio?", dice disperato Serafino.
      Infatti, c'è molta ressa, e poi salire le scale dell'ingresso non è mica una cosa tanto facile.
    "Dai, dai, non fare tanto il delicato! Vai, vai!", fa perentorio Adriano.
    Allora Serafino ingrana la prima e facendo una vera e propria acrobazia automobilistica sale fino all'ingresso del teatro.
    Là Adriano scende e arringa la folla dei suoi ammiratori, intanto i poliziotti sono usciti e sono in fila davanti a lui.
     "Uehi, ragazzi! Vi presento la mia guardia del corpo!", e indica i poliziotti in fila dietro di lui.
      "Lui è un generale napoleonico, ci ha pure la spada ma non si vede", dice indicando il primo.
     La folla batte le mani.
     Adriano indica il secondo:
     "Anche lui è un generale napoleonico, ci ha pure lui la sciabola ma forse se l'è scordata a casa", dice.
     La folla batte le mani entusiasta.
     "E anche lui, lui e lui. Sono tutti generali napoleonici, che sono venuti a fare la guardia all'imperatore, cioè il sottoscritto", dice Adriano.
     La folla va in visibilio.
      Poi lui va a far il concerto ed è un successo incredibile.

      La mattina ci svegliamo all'albergo, e giù nell'atrio c'è un monsignore che suona il piano.
    "Uehi, vescovo", gli dice Adriano Rock. "Ci sono già io e il mio amico qui che suoniamo il piano. Se ci cedi il posto, per favore. I denti non si lavano tanto tardi la mattina, forse per te è ora di andare a lavarti i denti".
    Il monsignore lascia il campo libero e Adriano si mette a suonare il piano, un pezzo blues che viene dal jazz. Poi Adriano va sul proscenio dell'atrio dell'albergo, che non ci eravamo accorti era l'interno di una basilica milanese, e si mette a dire messa.
    Dietro di noi c'erano ancora i poliziotti che tutti chiamavano ormai generali, a noi ci veniva da ridere forte a sentirli chiamare così, ma ci trattenevamo per paura che poi ci facessero passare un guaio se se ne accorgevano, e più ci tenevamo e più ci veniva da ridere. Ma loro erano serissimi e tutti compunti e compiaciuti di essere chiamati generali, comunque non si accorsero per fortuna di niente fino alla fine.
    Adriano poi finì di dire messa e ci mandò liberi di andare a pascolare tra i prati anneriti di smog di Milano.

sabato 20 ottobre 2012

QUADRI DI SOGNI TUTT'INTORNO

    Il giorno è sempre dalla nostra parte, anche se siamo nelle peggiori delle situazioni. Il desiderio è un mondo in continua ebollizione. Una macchina sempre in moto, al massimo della velocità.
    Io me ne sto da una parte, quell'altro che sono io stesso se ne sta da tutt'altra parte. Meglio che ciascuno si faccia i fatti suoi. Tanto in una maniera o nell'altra ci facciamo solo del male. Il giorno intanto passa mettendo cariche elettriche in ogni regola, tanto per farle scassare.
    La psicoanalista sbircia nelle pieghe del mio vivere alla ricerca di qualcosa che forse nemmeno esiste. Io le cose le dico, ma se non mi credono che posso mai farci? Qualcuno dice che sono troppo calmo intanto che tutto se ne va a fuoco intorno a me. Per intanto le fiamme sono lontane, quando comincerò a scottarmi mi darò una mossa. Spero. Altrimenti amen.
    Vivo come in una dimensione che non è la mia. Ma la vita è la mia invece.
    Rifiuto di essere aiutato per la semplice ragione che poi te la fanno pagare molto cara per qualsiasi aiuto, così nisba. Per intanto bestemmio e sacramento a tutto andare, tanto non mi sente nemmeno nessuno. Vorrei usare le mie forze solo per aiutare me stesso, ma me lo impediscono: vogliono essere sempre aiutati loro, i bastardi, e poi spariscono, non ti conoscono nemmeno...
    Ho la buona abitudine di mandare affanculo un pò tutti di quelli che mi si parano davanti. Sbaglio? Credo proprio di no. La maggior parte degli uomini e delle donne sono esseri alla malvagità pura, basterebbe solo leggergli nel pensiero nelle loro reali intenzioni...
    Il mio lavoro è pensare, e per questo non mi pagherà mai nessuno, ma io in compenso me ne fotto altamente dei loro soldi. L'arte è la mia sola fede, riconosco che ci sono fedi superiori, ma so pure benissimo che la maggior parte delle altre fedi le sono di gran misura nettemente inferiori...
    Vivo in una soffitta, a diretto contatto con il cielo, azzurro se è bello, nero se è brutto. Così sono io. Più chiaro di così...
   Ho la stanza letteralmente ingombra di libri, quaderni, giornali di tutte le razze e di tutte le misure. Ho anche riviste proibite nascoste sotto il termosifone, ma legittimamente in vendita in qualsiasi edicola della repubblica. Ho dischi blues, cassette rock, e registrazioni soul, ma quella che ascolto è solo una radio rockettara scassamarroni... Per il resto scrivo sempre qualche barzelletta ascoltata in giro tanto per ridere da solo con me stesso almeno un pò...
    Quadri di sogni, non dico di no. Se qualcuno ha di meglio, beato lui... Contabilità completamente sballata se non inesistente anche qui completamente: dato tutto, ricevuto un bel mazzo di carciofi marciti... Ma tant'è, così son fatte le circonvallazioni delle città di oggiggiorno...
      Corrispondenza in arrivo nulla, nessuno scrive al colonello. Corrispondenza in partenza: in continuazione romanzi su romanzi come spediti sulla luna, dove notoriamente nessuno si conserva il senno...
    Lavoro di continuo, ma gratis... Nessuno mi paga. Chi vive d'arte gli dan da mangiare gli dèi, a totale scorno degli increduli e degli infedeli tutti, è proprio così...
    Una cospirazione politica internazionale di nome capitalismo ha fatto sì che io finissi nelle sgrinfie di una maledetta strega moderna psicoanalista, che ha decretato per ordine di catasto proprietario che io sia un mattoide, anche in specie alquanto pericoloso. Complice mio padre, e in sottordine mia madre, sono stato abbandonato a questo mondo in età di un anno...
    Come io abbia potuto arrivare fin qui, non so se mistero o miracolo, non me l'ha saputo spiegare nessun ufficio abibito ai casi dei minori dispersi senza speranza...
    Domani sarà un altro giorno e come tutti anch'io rinascerò a nuova vita...
    Si vive tutti un giorno per volta, giusti e ingiusti, ricchi e poveri, matti e dritti di comprendonio...

LA STANZA DELLA PSICOANALISTA

    Quando sei sdraiato su un letto che non è tuo perdipiù a svuotare il sacco delle tue oscure malefatte di tua esclusiva proprietà intellettuale, morale e immorale, ti senti proprio come uno scheletro che viene visionato da un radiologo alla buona, che poi deve dirti se la tua lingua dimenticata in chissà quale cassetto di un mobile di una casa da dove ti hanno cacciato almeno 3 secoli fa, è incarbugliata oppure no. Poi così conciato, cioè scheletro nudo e bisnudo, devi tirar fuori il cartoccio delle lenticchie e offrire all'analista.
    Che scena! Uno scheletro che si alza e bacia pieno di passione la psicoanalista! Devo averla vista da qualche parte, in qualche disegno di traviato, questa recita da grangruignol... La Psiko si è subito bloccata, mettersi con un pazzo forse le avrebbe contagiato la follia, e chi può dire infatti che non sia un mostruoso bacillo? L'ho palpata però, e non era male. Io ero tutto rigido come si può immaginare. Ma era tutto ridicolo. Lei voleva la scarica elettrica che dà di solito il fuori di testa. Forse è una fantasia erotica usuale delle strizzacervelli, chi lo sa? Comunque poi si è riavuta e ha fatto la finta tonta, come nel suo stile. Ma credo di averle scartabellato un pò di volumi di pregio con quelle mie manate prensili. Basta fare finta di niente e tutto torna a posto, tutti uguali gli intellettuali, non puoi sbagliare di una virgola.
    Forse non ha un uomo. Attaccarsi a uno scheletro appena alzato dal lettino delle torture cinesi significa un bel blocco di arretrati. Chi cura la follia? Un altro folle marticolato...
    Dammi luce, dammi il sole, baby...
     Il letto non è il suo, e il deficiente è autorizzato a fare il ganzo. Sesso con lo scheletro. Killing deve prestarmi la sua tuta di carnevale la prossima volta. I film di Ponzoni non dovevano essere tanto male in fase di montaggio. Le ombre fanno davvero la bella vita in queste città disabitate di gente normale. 
    La stanza della psicoanalista non è messa male, è linda e pulita come dovrebbe essere qualsiasi anima, ma vaglielo a dire al conduttore di tenere pulita la cabina di regia con tutta quella baldoria e tutta quella deboscia d'accatto che ci si combina... L'ombrello è nel portaombrello, la cicca è nel portacenere, la sedia è bella possente dietro la scrivania, i libri sono tutti ordinati e credo mai nemmeno sfogliati, come davvero deve essere se la compagnia è delle più illustri... Le piante sono belle verdi, a loro l'acqua non manca mai. Le mattonelle del pavimento sono lucidissime, appena lavate con l'acido solforico e il cianuro. Ricordi strani non ce ne sono in questa stanza, quelli sono solo dei fottuti rincoglioniti che si credono in cura, come se ci fosse la cura ai brutti ricordi... Io son qui per recuperare uno scontrino della spesa, mi sembra di pensare, un conto venuto male chissà quando... 
     Se vuoi farti credere le devi sparare grosse, i dettagli devono essere delle mongolfiere a fuoco, altrimenti tutti ti danno un'occhiata di gran pena e ti rimandano al mittente, come un pacco molesto che ha sbagliato indirizzo.
    Fa finta di niente, ma il culo ce l'ha non c'è male. Cosa succederebbe se ora mi mettessi io a psicoanalizzare lei? Non ne ho voglia, sono stanco. E poi chi se ne frega? La sua stanza è perfettamente in ordine, c'è anche un vago odore di profumo di supermercato nell'aria. Cambia la federa al cuscino a ogni persona che si alza dal suo lettino. Lei è una persona a posto...
    Minchia, ma dove cazzo sono venuto a capitare nella mia vita sgangherata?...
   

LA VITA HA IL SUO RITMO POSITIVO

    "La vita ha il suo ritmo positivo. Racconta la tua vita e poi vedi che ti metti a ridere. L'importante è rispettare gli orari. Altrimenti è un pò difficile che tu ti possa riprendere".
    "La psicoanalisi è utile solo se tu ci credi, è un pò come Dio, se non ci parli e ti affidi a Lui come si fa poi a aiutarti? L'amore, certo l'amore è importante, ma prima c'è bisogno di abbastanza silenzio. Ascoltare la voce della luna, che infatti se ne sta sempre zitta. La seduta è troppo breve, dovremmo aumentare gli incontri. Il giudizio è fuori luogo, dopo se ne parlerà. Il tuo caso è molto interessante. Ma la cura può durare anni..." 
    Io per conto mio me ne sto sempre a pensare a te. So che mi cerchi, ma questa storia diventa sempre più complicata. Tornerai come al solito, ma come al solito farai passare 6 mesi, o 6 anni. Sei anche tu un pò come una psicoanalista. Hai tempi catastoficamente lunghi. Io per conto mio preferirei Spinoza. Dormi da sola in chissà quale casa, con me a fianco come fantasma. Hai una maniera abbastanza intricata per legare a te una persona.
    Io me ne sto ancora qui che faccio il testardo. E' dura rinunciare all'amore, soprattutto quando sai che se fallisci non ritornerà mai più.
   

venerdì 19 ottobre 2012

REBUS DAL VERO

    Sono entrato nella tua testa e ho cercato di leggerci qualche rebus. I rebus li so leggere ma non li so risolvere, questo è il mio guaio.
    Il mio amico Killing mi ha detto:
    "Non fissare niente ma guarda soltanto".
     Come al solito ho seguito il suo consiglio, anche se non ho capito molto a che servisse far scivolare solo lo sguardo sui misteri senza fermarsi mai a cercar almeno di risolverli. Ma certo forse che ha ragione lui quando dice che un'idea fuori controllo può fare più danni di un treno senza più freni.
    Io faccio collezioni di gialli perchè almeno lì so chi è l'assassino, ma nella realtà è molto difficile che si arrivi a dipanare la matassa su chi è la vittima e chi il carnefice. Ultimamente ho pensato: "Siamo tutti vittima di qualcuno, siamo tutti carnefici di qualcun'altro". Si vede che è una legge di natura. Una catena alimentare. Ognuno si mangia l'altro. Il gatto si mangia il topo, e il cane si sbrana il gatto, il cane poi si becca le mazzate da quell'altra bestia furente che si autodefinisce di solito con alquanta prosopopea uomo. Tra i quali io, modello antiquato anni '70. Testardo forte e senza mai olio negli ingranaggi delle rotelle cervelline.
     Una vita da smontare, e a rimontarla son sicuro che parecchi pezzi sarebbero da buttare. Son gli anni la vera ruggine dell'anima, siam sopravvissuti a così tante cazzate che alla fine siam diventati una cazzata pure noi...
     Il cammino è davvero lungo, e ormai siamo fuori passo. La nostra valigia è troppo ingombra di cose inutili e fuori corso. Ma ce ne siamo così affezionati che se anche ci portassimo dentro un cane morto e putrefatto mica siam capaci di buttarlo via.
     Killing va alla grande perchè almeno lui vive in un film. Non ha bisogno nè di una casa nè di un lavoro, nè tantomeno di una tipa. Ha tutto spesato lui. Il produttore gli paga tutto, anche la trattoria e il dottore per curarsi il fegato. Ci ha il vizio del bere lui, e con quello spegne qualsiasi strambo desiderio. Ha me come amico solo come almanacco di barzellette dove ridere di gusto ogni tanto.
    Ogni tanto gli faccio girare la testa pure a lui per quante ne combino, ma lui si siede un pò e gli passa ogni dolore...
    Comunque l'unico rebus che mi ricordo è questo: T + Cina + Negozio + $ + XY. E' un pò dura da risolvere, no?
    Follia + Amore + X + E2 + mc = 0

ATTRAVERSO IL DESERTO

    Non siamo nient'altro che ciò che ne facciamo di noi, complici gli altri dei nostri assurdi alibi che ci discolpano di tutto, anche del nostro più perfetto autoassassinio mentale...
    ... Sei là, nella stanza senza porte della famosa Casa dei Morti. Io ti cucino la bistecca alla fiorentina perchè proprio oggi è festa al mio paese, e anche se io sono 1000 chilometri lontano e non sento neanche un suono di campane allegre, festeggio lo stesso. Tu capisci e non capisci, ma questa non è affatto una novità. Non ti fai toccare, sei vergine, e non ce la fai a fare l'amore. Io sono il contadino che scava le fosse per piantare le vigne dei vini più forti. Ma non ho bottiglie da aprire se non quelle della mia disperazione.
    Quando uno è innamorato è un fesso totale. Anche il filo di un ragno che pende dal soffitto gli sembra una stella cometa che annuncia chissà quale buona novella.
     Le porte della stanza sono tutte sbarrate, e forse non ci sono neanche. Hai un segreto che io non scoprirò mai, se non 20 anni più tardi. troppo tardi per poter fare qualunque cosa.
     Vorrei strangolarti ma tu sei un fantasma, il tuo collo mi sfugge da sotto le mani. Salvo poi scoprire che sei solo un personaggio aleatorio e fumoso della mia vita. Non so nemmeno il tuo numero di telefono, nè quanto fai di scarpe. Per me sei solo un fuoco che arde, e che brucia terribilmente a toccarlo.
     Io sono un gatto nero, tu una gatta nera: ci graffiamo a sangue per tutto il tempo, e questo per ora è il nostro unico modo di fare l'amore.
    Ti hanno ricoverata in manicomio e lì un altro matto ti ha fatto la corte. Tu per incenerirmi l'hai accettata. Dovevo diventar matto per seguirti, ma quella piovra allucinante della psichiatra non c'è stata. Ti ha assegnata una camera singola con bidè come in una pensione qualsiasi. Ma lì c'erano sbarre e psicofarmaci.
    Il mio amico Killing mi ha consigliato di portarti una torta alle mandorle, con una bambola elettrica. Ho accettato il consiglio e te le ho portate, ma tu non hai preso niente, mi hai detto che non potevi prendere niente.
    "Perchè?", ti ho chiesto io.
    "Non ho più le mani", mi hai risposto.
     Ti ho guardato e ho visto che invece le mani ce le avevi ancora.
    "Io vedo che ce le hai, invece", ti ho detto.
    "Tu non capisci niente", hai detto tu.
     Ho lasciato perdere e ho finto per tutto il tempo che non avevi più le mani. Ti ho dato da bere con un bicchiere di plastica un pò d'acqua pure. Tu eri una pazza, io un idiota, come al solito.
    Di notte alla Casa dei Morti qualcuno urla e sbraita sempre. Anche lì è un posto di matti. Ci abito da 16 anni. So di che parlo. Anche lì di notte arriva un'autombulanza con quattro infermieri grossi, brancano qualcuno e se lo portano al manicomio. Io mi salvo sempre perchè vivo da solo, e non ho nessuno che alle mie follie chiama il medico di guardia.