sabato 27 ottobre 2012

UNA BANDA DI POETESSE

     Arriva una sera una bella combriccola di poetesse, di cui spiccava una in particolar modo: vestita di bianco e con un gran spacco alla gonna lunga da abito da sposa, tanto che faceva veder quasi tutte le gambe e le calze...
    Recitano, ridono, danno in scalmane, scherzano, fanno un gran casino...
    Il teatro è tutto tappezzato di giornali di pettegolezzi, con pin up in bella mostra... Ci sono anche tanti operai scaricabarili, e carpentieri di montaggi palchi di prime donne... Ma nessuno ha venduto i biglietti, nè ha fatto pubblicità all'evento, e chissà perchè tutti danno la colpa a me, anche se io naturalmente non c'entro niente, e quelle invasate manco le conosco nemmeno...
    Genofeffa de Arcangelis, una di quelle stregacce mi attacca di fino e di pesantezza. Dice che sono un buonanulla, un vagabondo, uno scansafatiche, insomma uno che non vale niente.
     "Ma io mi trovo qui per caso. Come faccio a aver colpa di tutto questo se manco vi conosco, e infatti qui vi vedo per la prima volta!", reagisco io.
    Ma quelle non vogliono sentir ragione, dicono che mi mandano dal direttore generale per una ramanzina da lavarmi ben bene la testa con acqua e sapone.
    Io mi spavento, non so chi è questo famigerato direttore generale. Penso al sindaco, al papa, al presidente della repubblica, e, con un sobbalzo non da poco, perfino a Dio.
    Di colpo mi ritrovo in un tribunale e il giudice, un regista di film di chiara fama internazionale, con un parruccone bianco, dichiara: "Colpevole!".
    "Ma di che?", oso reagire io.
    "Non ha assolutamente importanza. Colpevole!", dichiara con tutta enfasi il giudice.
    Questo vuol sembrare Dio, ma per me è solo un gran impostore, penso io.
    Fatto sta che se ne vanno tutti via, anche le stregacce poetesse, responsabili di tutto il casino equestre, e mi lasciano solo come un citrullo.
    "Te sei solo un uomo che non vale nulla", mi dice infine la ganza tutta vestita di bianco di prima, con lo spacco alla gonna che faceva vedere tutte le cosce, niente male per dir la verità.
    "Porca la puttana, queste balorde della malora mi faranno di certo aumentare la parcella della psicoanalista", penso io con raccapriccio.
    Comunque erano rimasti a terra dei mucchi di libri di poesie di quelle preclare letterate e allora io li ho presi a calci facendo sfarfallegiare i fogliacci staccati tutt'intorno...
    "Beccatevi questo, e quest'altro dall'uomo da nulla...", gridavo io, tirando a tutta forza calci, e mi mettevo a ridere forte proprio come un matto, o come un ubriaco che ne ha bevute tante nella sua vita, ma proprio tante...
     Esco finalmente dal teatro e vedo sul cartellone che pubblicizzava lo spettacolo: "MARIONETTE, entrate pure senza alcun tipo di paura e partecipate alla recita nel ruolo che più vi piace, e poi date sempre tranquillamente tutta la colpa al primo che capita".

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